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B.E.S.

PROTOCOLLO PER L’INCLUSIONE

D.S.A.

PROGETTO PILOTA “Interventi per l’individuazione precoce e la presa in carico degli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA)”

Bisogni Educativi Speciali

La scuola oggi rappresenta una fotografia del mondo circostante, con le sue tante sfaccettature; ogni classe si presenta eterogenea con differenze che vanno dal paese di provenienza di ciascun alunno, alle differenze di tipo socioeconomico delle famiglie e a quelle di tipo culturale.

Per rispondere alle esigenze diversificate dell’utenza, la scuola, mediante la realizzazione del Piano per l’Inclusione (P.I.), introdotto dalla Direttiva sui BES del 27/12/12 e dalla CM del 06/03/13, successivamente oggetto di ulteriori note e circolari, sia nazionali che regionali, “fotografa” lo stato dei bisogni educativi /formativi individuando le azioni che intende attivare per fornire le risposte adeguate e si assume collegialmente la responsabilità sulle modalità educative e i metodi di insegnamento adottati per garantire l’apprendimento di tutti i suoi alunni.

Se in passato, infatti, si poteva ritenere efficace una didattica uguale per tutti, oggi la scelta del sistema educativo italiano è quella di formare tutti, riconoscendo e valorizzando le differenze anche laddove queste rappresentano dei limiti, nell’ottica di un ambiente che accoglie e valorizza le diversità facendone, anzi, occasione di crescita per tutti.

Il concetto di Bisogno Educativo Speciale si fonda sulla visione globale della persona cui fa riferimento l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento), che lo definisce come “qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento, permanente o transitoria, in ambito educativo e/o apprenditivo, dovuta all’interazione dei vari fattori di salute e che necessita di educazione speciale individualizzata”. L’espressione Bisogni Educativi Speciali è stata introdotta dalla Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, che ne precisa così il significato: “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse”. L’utilizzo dell’acronimo BES indica, quindi, quella vasta area di alunni per i quali il principio della personalizzazione dell’insegnamento, sancito dalla Legge 53/2003, va applicato con particolare attenzione in riferimento a peculiarità, intensività e durata delle modificazioni. L’espressione “Bisogni Educativi Speciali (BES)” ha a che vedere proprio con le differenze: “Gli alunni con bisogni educativi speciali vivono una situazione particolare, che li ostacola nell’apprendimento e nello sviluppo: questa situazione negativa può essere a livello organico, biologico, oppure familiare, sociale, ambientale, contestuale o in combinazione di queste. […] Queste difficoltà possono essere globali e pervasive (si pensi all’autismo) oppure più specifiche (ad esempio nella dislessia), settoriali (disturbi del linguaggio, disturbi psicologici d’ansia, ad esempio); gravi o leggere, permanenti o transitorie” (da Dario Ianes, psicologo e pedagogista da anni in prima linea sul tema dei bisogni speciali).

L’espressione BES è, dunque, utilizzata per definire tutte le situazioni in cui gli studenti incontrano rilevanti difficoltà nel percorso scolastico. Tali situazioni possono essere ricondotte a due gruppi principali:

1. le situazioni già oggetto di interventi regolati da una normativa (L 104/92 – L 170/2010)

2. le altre situazioni citate dalla DM 27.12.12 o previste dalla L 53/2003.

Nel primo caso si collocano tutte le situazioni certificate in base alla normativa specifica; nel secondo, invece, si trovano tutte le altre situazioni di studenti con difficoltà scolastica effettiva, dovute a vari motivi, comprese anche le situazioni non certificate. La Direttiva Ministeriale intende garantire una tutela adeguata a queste situazioni non disciplinate da normative specifiche.

Tenendo presente l’ampio spettro delle situazioni di difficoltà, la Direttiva individua, quindi, quattro sotto categorie di BES:

  • disabilità
    • Con tale termine ci si riferisce alla capacità della persona di espletare autonomamente (anche se con ausili) le attività fondamentali della vita quotidiana (legge 104 del 1992). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo stato di un individuo si associa non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad attività a livello individuale o di partecipazione alla vita sociale. Con l’introduzione dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) avviene un cambiamento sostanziale che sottolinea un’unificazione nelle forme di descrizione dello stato di una persona. Non ci si riferisce più a un disturbo, strutturale o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato considerato di “salute”. Il nuovo documento sostituisce i vecchi “impairment”, “disability” e “handicap”, che indicano una mancanza per raggiungere il pieno “funzionamento”, con una differente terminologia. La classificazione ICF sottolinea l’importanza di analizzare la disabilità facendo riferimento ai molteplici aspetti che la denotano come esperienza umana universale, che tutti possono vivere nel corso della loro esistenza. La disabilità, infatti, non è vista solo come un deficit ma piuttosto come una condizione che va oltre la limitazione superando le barriere, sia mentali che architettoniche. L’ICF propone, dunque, un’analisi dettagliata delle possibili conseguenze sociali della disabilità avvicinandosi con umanità e rispetto alla condizione del disabile. L’importante innovazione introdotta dalla classificazione è che essa analizza lo stato di salute degli individui ponendolo in relazione con l’ambiente circostante e giungendo alla definizione di disabilità intesa come una condizione di salute all’interno di un ambiente sfavorevole.
  • disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e disturbi evolutivi specifici (DSE);
    • Con l’acronimo DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) si intende una categoria diagnostica, relativa ai Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento che appartengono ai disturbi del neurosviluppo (DSM 5, 2014), che riguarda i disturbi delle abilità scolastiche, ossia Dislessia, Disortografia, Disgrafia e Discalculia (CC-2007). Sulla base del deficit funzionale vengono comunemente distinte le seguenti condizioni cliniche:
      • Dislessia, cioè disturbo nella lettura (intesa come abilità di decodifica del testo)
      • Disortografia, cioè disturbo nella scrittura (intesa come abilità di codifica fonografica e competenza ortografica)
      • Disgrafia, cioè disturbo nella grafia (intesa come abilità grafo-motoria)
      • Discalculia, cioè disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (intese come capacità di comprendere e operare con i numeri.
    • All’area dei Disturbi Evolutivi Specifici (DES) afferiscono gli studenti che presentano, oltre ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico. In attuazione a quanto stabilito dalla legge 170/2010 e dal DM 5669/2011 per gli studenti per i quali è stata riconosciuta e certificata una situazione riconducibile a quelle incluse nella dicitura DSA, e più in generale per gli allievi per i quali è evidenziata una situazione afferente all’intero gruppo dei disturbi classificati come “evolutivi specifici”, l’Istituto adotta un modello di Piano Didattico Personalizzato (PDP), nel quale vengono esplicitate e formalizzate le misure compensative e dispensative messe in atto per favorire l’apprendimento e scelte tra quelle riconosciute dalla vigente normativa.
  • svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
    • Le situazioni di svantaggio socio-economico e culturale vengono prese in considerazione quando costituiscono un ostacolo per lo sviluppo cognitivo, affettivo, relazionale, sociale dell’alunno e generano scarso funzionamento adattivo, con conseguente peggioramento della sua immagine. La scuola, in generale, ed i Consigli di Classe, nello specifico, possono deliberare di predisporre un PDP (Piano Didattico Personalizzato) che tenga conto dei bisogni specifici di ciascuno e che preveda misure, criteri e strategie di intervento, idonei al superamento delle difficoltà (con l’adozione, se necessario, di strumenti compensativi e misure dispensative). Le misure dispensative dovranno avere carattere transitorio e si privilegeranno le strategie educative e didattiche aventi come obiettivo il successo formativo. In quest’are si possono definire tre tipologie di svantaggio:
      • SOCIO-ECONOMICO: alunni seguiti dai servizi sociali, situazioni segnalate dalla famiglia, rilevati dal Consiglio di Classe/Team docenti attraverso osservazione diretta;
      • LINGUISTICO E CULTURALE: alunni stranieri neoarrivati in Italia o che non hanno ancora acquisito le adeguate competenze linguistiche. Per gli studenti con cittadinanza straniera di recente immigrazione, di norma, l’Istituto mette in atto attività di supporto allo studio e percorsi linguistici di italiano L2.
      • DISAGIO COMPORTAMENTALE, RELAZIONALE, PSICOLOGICO: alunni con funzionamento problematico, definito in base all’effettivo danno vissuto a livello personale, prodotto su altri e sull’ambiente (senza certificazione sanitaria), con fragilità emotiva e psicologica o con particolari problemi di salute (es. disturbi del comportamento alimentare,..).
  • alto potenziale cognitivo
    • Fra la popolazione scolastica sono presenti alunni ad alto potenziale intellettivo, definiti Gifted children in ambito internazionale. A seguito del Decreto Dipartimentale n. 1603 del 15/11/2018 che istituisce il tavolo tecnico con lo scopo prioritario di redigere le Linee Guida Nazionali per gli studenti plusdotati e della nota Miur n. 562 del 3 aprile 2019 che chiarisce che tali alunni possono essere inseriti tra quelli con Bisogni Educativi Speciali prevedendo la personalizzazione degli insegnamenti, la valorizzazione degli stili di apprendimento individuali e il principio di responsabilità educativa.
      La strategia da assumere è rimessa alla decisione dei Consigli di Classe o Team Docenti della primaria che, in presenza di eventuali situazioni di criticità con conseguenti manifestazioni di disagio, possono adottare metodologie didattiche specifiche in un’ottica inclusiva, sia a livello individuale sia di classe, valutando l’eventuale convenienza di un percorso di personalizzazione formalizzato in un PDP.